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STILLS OF PEACE

AND EVERYDAY LIFE  Ed.XI

Italia e Messico: Global Humanity

6 luglio – 8 settembre 2024 / ATRI (TE) – PESCARA

                  

     

STILLS OF PEACE AND EVERYDAY LIFE. EDIZIONE XI

Italia e Messico: GLOBAL HUMANITY

Siamo giunti all’undicesima edizione di questa Rassegna che fin dalla sua nascita ha scelto l’arte contemporanea come medium di pace, di conoscenza e di dialogo tra i popoli, tra culture apparentemente diverse ma che condividono valori di umanità molto simili. Dopo i festeggiamenti di un anniversario molto importante celebrato nel 2023 con dieci paesi in dialogo sulla nonviolenza, quest’anno il Paese ospite è il Messico e il tema scelto la Global Humanity, intesa come sentimento, mutuo soccorso, comprensione, empatia e amore verso il prossimo, in altre parole, come senso di umanità.
L’invito che lanciamo è di interrogarsi sulla Global Humanity come valore imprescindibile e sulla cultura come elemento strategico per rigenerare la Pace e come fondamento di un processo di riconoscimento, troppo spesso negato, delle differenze e diversità, culturali, sociali, linguistiche, religiose, intese come valori fondanti di una democrazia globale.
C’é una corrispondenza perfetta tra i principi che ispirano la Rassegna Stills of Peace and Everyday Life – Frammenti di Pace nella Vita quotidiana e il Messico, una nazione che seppur dilaniata dalla criminalità organizzata, dal mostro del narcotraffico, dalle crisi migratorie e dalla tragedia della frontiera con gli Stati Uniti, non smette di pulsare e di celebrare la gioia di vivere.
È questo lo spunto di riflessione e punto di partenza dell’indagine sulla Global Humanity e in questo contesto rientrano le cinque mostre ospitate ad Atri e Pescara, nelle Cisterne di Palazzo Acquaviva, nel Museo Archeologico e nel nuovo spazio s.l.m. 00 di Pescara. Nel cortile di Palazzo Acquaviva di Atri, anche in questa edizione, sono organizzati sei appuntamenti con una selezione di registi messicani. Nei sessantacinque giorni della Rassegna, dal 6 luglio all’8 settembre, diversi appuntamenti in collaborazione con l’Oasi dei Calanchi e con lo Spazio Matta oltre finissage nel Teatro Comunale di Atri.

Giovanna Dello Iacono, Direttrice Artistica della Fondazione Aria

PROGRAMMA:

MA.CO. / Maratona del Contemporaneo

6 luglio ore 18 / Atri

Cortile di Palazzo Acquaviva – Inaugurazione della Rassegna Stills of Peace diretta da Giovanna Dello Iacono
Visita alle mostre S.o.P. – Cisterne di Palazzo Acquaviva e Museo Archeologico

7 luglio Ore 18 / Pescara

s.l.m. 00 – zerozerosullivellodelmare – Inaugurazione mostra Flânerie a cura di Paolo Dell’Elce

SPAZIO MATTA / PESCARA

Rumbos de vida. A cura di Giulia Palladini e Rodolfo Suárez Molnar

7 luglio Ore 21

L’occhio sinistro aperto e il destro chiuso / Teatro Ojo in collaborazione con Gisela Cortés e Juan Ernesto Díaz

20 luglio Ore 19

Dimmi come va a finire / Sara Leghissa su testi di Valeria Luiselli

Cortile di palazzo Acquaviva / Atri

Cine México a cura di Pino Bruni
Rassegna di cinema messicano in lingua originale, con sottotitoli
8, 15, 22, 29 luglio / 5, 19 agosto 2024 – ore 21

8 settembre ore 18

Finissage Mostre Stills of Peace

Teatro Comunale di Atri – Visione dei cortometraggi dell’artista messicano Damián Comas, Contro la bellezza (2023), Cuerpos de Sal (2019, realizzato con Atonatiuh Bracho) e il documentario Spagna-Italia Lacanianos (2023). A cura di Eva Comuzzi

MOSTRE:

6 LUGLIO – 8 settembre 2024

ATRI – 10.00 – 12.00 / 16.30 – 19.30 / 21.00 – 23.00 / Chiuso lunedì mattina
PESCARA – 17.00 – 21.00 / Dal martedì al sabato

INGRESSO LIBERO

Cisterne di Palazzo Acquaviva – Atri

Rumbos de vida
Francis Alys, Sara Leghissa, Francisco Mata Rosas, Monica Mayer, Rosa María Robles, Francisco Toledo, Antonio Turok, Teatro Ojo.
 

A cura di Giulia Palladini e Rodolfo Suárez Molnar

Alle bambine e ai bambini “insegniamo a parlare con la verità, cioè con il cuore”. Queste parole ormai leggendarie pronunciate dal Subcomandante Marcos, forse il poeta messicano più importante della sua generazione, sono alla base della visione politica su cui si è fondata la rivolta zapatista del 1994: il movimento di guerriglia nato in Chiapas esattamente trent’anni fa e dilagato come un contagio di passione politica in tutto il mondo. Il movimento zapatista ha reso la parola e la musica, la danza e la festa, parti integranti dell’arsenale di una lotta che non mira a imporre una forma specifica del mondo, ma ad affermare che un altro mondo è possibile: un mondo che contiene tutti i mondi.

In un certo senso, è questo il desiderio della mostra Rumbos de vida: riunire sotto uno stesso tetto opere che riflettono e prendono posizione su questioni cruciali per la storia politica e sociale del Messico contemporaneo: tra questi, le sparizioni forzate, le migrazioni, le violenze di genere, ma anche la resistenza politica. Nel loro insieme, tanto le opere esposte in mostra quanto gli interventi performativi che compongono Rumbos de Vida, formano una sorta di canto, sempre doloroso, ma altrettanto speranzoso: è il microcosmo dell’immaginazione al potere, in cui queste e altre ferite sono solo una parte della vergognosa storia globale dell’infamia e dell’oppressione, che caratterizza tutte le epoche, così come tutte le nazioni.

Cisterne di Palazzo Acquaviva – Atri

Verso dove
Bruno Ceccobelli 

A cura di Antonio Zimarino

Una prima mostra ospitata nella grande sala delle Scuderie che presenta una selezione di alcuni lavori di Bruno Ceccobelli, un maestro della pittura italiana contemporanea, tratti dalla serie Iridi – Pupille. Il titolo intende sottolineare come l’artista proponga, coerentemente alla sua lunga ricerca formale e visuale, un approccio etico e profondo per l’arte: lo studio delle caratteristiche fisiche e simboliche delle forme e dei materiali nelle loro relazioni, genera l’esperienza “poetica” dell’arte, quella che ci apre a ulteriori sensi e significati permettendoci di proiettare lo sguardo verso ulteriori orizzonti di senso.

Attraverso cosa
Luciano Sozio e Simone Camerlengo 

A cura di Antonio Zimarino

Negli ambienti successivi una seconda mostra, distinta ma contigua riflette su quali siano le radici poetiche dell’“oggi”. Luciano Sozio e Simone Camerlengo con una analoga sostanza di autenticità etica, mostrano i due approcci necessari e fondamentali per restituire alla contemporaneità dell’arte  un senso e un orizzonte poetico: Camerlengo recupera la “radice” poetica del gesto e dell’istante, destrutturando criticamente e ironicamente ogni retorica visiva, spaziale e concettuale. Sozio affronta una ricostruzione critica, analitica ed intima dell’immagine per rivelarne la potente consistenza memoriale, metaforica e poetica.

Museo archeologico – Atri

sovralunare o celeste
vito bucciarelli 

A cura di Mariano Cipollini

Artista tanto concreto quanto visionario.
L’intero suo lavoro è un elogio alla follia creativa fondata sull’ignoto e i suoi misteri.
Uno spingersi oltre che non conosce confini, se non quelli dettati da una visione cosmica degli spazi atta a rendere possibile l’accoglienza di evoluti passaggi esistenziali.
Tra il tangibile e il visibile, lentamente tesse nel tempo rapporti gravitazionali che lo liberano dalla barriera di una fisicità che ne ridurrebbe le canoniche espressioni comportamentali.
Proiezioni ardite di “spazi profondi”. Orbite che vanno ad accrescere e modificare il potere liberatorio da una gravità che il suo “Psiconauta” non può più concepire e dalla quale si allontana alla ricerca di una corporeità sempre più rarefatta, estesa in uno spazio indefinibile ma percepibile attraverso i sensi.
Costruisce opere, le cui rotazioni circolari, perenni, in cui l’etere, quinta essenza, è materia distinta da quella del mondo corruttibile, differente dai quattro elementi sublunari. Uomo che, nel suo lungo cammino, pur conservando intatta una storia millenaria, è anticipatore, in un divenire cosmico, di avveniristiche frontiere dell’essere. L’ologramma che lo materializza è stella polare per concepire virginali spazi basilari in un cosmo in cui il tempo asseconda la fisica, la materia, nonché i riferimenti psicologici dell’anima, senza i quali non potrebbe sussistere. La sua relatività, spesso scandita dalle incertezze dell’ignoto, diventa nuovo assioma dal quale attingere possibili percorsi esistenziali sostitutivi, costruiti su pause di un prima e un poi.
La quinta essenza e il suo tempo permettono a Bucciarelli, al suo “Psiconauta” e a parti d’intelligenze mai attivate, di trovare evolute rotazioni coincidenti con la perfezione, nel tentativo di ricongiungersi all’essenza primaria genitrice, prescindendo dai credo. Espansioni metafisiche che ci indicano possibili percorsi affrontabili da un’umanità in cerca di se stessa.

s.l.m. 00 – zerozerosullivellodelmare / pescara

Flânerie
Jill Hartley 

A cura di Paolo Dell’Elce

Jill Hartley ha cominciato la sua lunga passeggiata in compagnia della macchina fotografica lungo le strade di una Polonia stremata che sul finire degli anni Settanta si stava preparando ai grandi sconvolgimenti sociali e politici interni che ebbero ripercussioni sull’intera Europa e costituirono i prodromi del crollo del Comunismo e dell’Unione Sovietica. Di questo momento storico eccezionalmente importante Jill è stata una testimone acuta quanto discreta. Il suo fotografare ‘sulle gambe’ le ha dato l’opportunità di andare incontro agli eventi, quasi di preconizzarli, per poterli poi cogliere con la fotocamera nell’istante di massima corrispondenza. L’evento più importante a cui la giovane fotografa si è esposta e non ha potuto più sottrarsi è stato l’epifania dell’umano. L’amore, come anelito alla vita, come speranza e come sogno, è la “causa prima” che spinge Jill a vagare per il mondo. Dopo la Polonia Jill Hartley si innamora del Messico al punto di sceglierlo quale Paese dove vivere e lavorare: «Come spiegare un incantesimo? Potrebbe avere qualcosa a che fare con ciò che ci manca in un certo momento. Suppongo che il Messico sia stato come un antidoto alla mia vita parigina.» Dagli anni Ottanta incomincia a fotografare a più riprese in terra messicana e, come era già accaduto in Polonia, Jill riesce a connettersi profondamente con i luoghi e i suoi abitanti e il suo lavoro fotografico è quanto di più aderente alla dimensione antropica nella quale si inserisce.

CINEMA:

Cortile di Palazzo Acquaviva – Atri

CineMéxico – rassegna di cinema messicano

in lingua originale con sottotitoli.

A cura di Pino Bruni
8, 15, 22 luglio / 5, 19 agosto 2024 – ore 21.00

Lunedì 8 luglio – ore 21.00
Amores perros (2000) di Alejandro González Iñárritu

Il capolavoro che ha fatto conoscere Iñárritu al grande pubblico è il primo capitolo della trilogia della morte, continuata con 21 grammi e Babel. Tre storie si incrociano sullo sfondo di una convulsa Città del Messico. Il giovane proletario Octavio, innamorato di Susana, la moglie adolescente del fratello criminale violento, si mette in testa di fuggire con lei e prova a racimolare i soldi necessari introducendo il suo cane in un giro di combattimenti clandestini: ma questo è solo l’inizio. Quello del cineasta messicano è un esordio duro, violento, disincantato, rabbioso, amaro, disperato. Aggettivi che per il regista costituiscono i tasselli del puzzle di una megalopoli, Città del Messico, che ha tante contraddizioni quanti sono i suoi oltre venti milioni di abitanti.

Lunedì 15 luglio – ore 21.00
Roma (2018) di Alfonso Cuarón

Già dalla trama, Roma (vincitore del Leone d’Oro a Venezia) è piuttosto insolito. C’è una storia – intesa come un susseguirsi di eventi, anche se per ampi tratti non succede granché – ma “vedere come finisce” non è la cosa più importante. Il film parla di una famiglia messicana degli anni Settanta che vive a Colonia Roma, un quartiere di Città del Messico, e lo fa attraverso il punto di vista di Cleo, la domestica e tata della famiglia. Cuarón ne ha parlato come di un film semi-autobiografico, composto perlopiù da scene che si ricorda dalla sua infanzia. Roma è un film personale ma pieno di riferimenti e collegamenti a questioni sociali sul Messico di quegli anni. Vari critici hanno di volta in volta evidenziato diversi temi del film: se ne è parlato come di una “ode al matriarcato” ma anche come di un “vivido ritratto dei conflitti interni e della gerarchia sociale al tempo dei disordini politici”.

Lunedì 22 luglio – ore 21.00
Il labirinto del fauno (2006) di Guillermo Del Toro

Nella Spagna franchista la giovane Ofelia avrà la possibilità di inseguire il mondo fiabesco da lei tanto sognato. Incontrerà un fauno e delle fate, ma quanto di quello che vedrà sarà reale? Dall’estro del regista messicano Del Toro non poteva che nascere un lavoro così bello, così affascinante, ma al tempo stesso tanto brutale. Senza i mezzi delle mega produzioni statunitensi (cui il regista approda a volte) ma con un’accuratezza e sensibilità che spesso a quelle dimensioni produttive finiscono con lo sfuggire, Del Toro ci parla di soprusi e di innocenza, di ricerca di un mondo ‘altro’ in cui trovare la pace senza però rinunciare alla propria integrità di essere umano in formazione.

Lunedì 29 luglio – ore 21.00
Totem – Il mio sole (2023) di Lila Avilés

ll sole illumina la terra, lo sappiamo bene. La sua luce e il suo calore sono generatori di vita. E proprio come il nome che porta, anche Sol, una bambina di sette anni, porta luce e calore a chiunque la incontra, primi fra tutti i suoi famigliari. È ignara, tuttavia, che il padre sta affrontando il terribile calvario di un cancro che lo debilita sempre più, con tutte le conseguenze che questo porta alla grande famiglia che abita nella casa padronale e che si sta preparando proprio alla festa di compleanno dell’uomo. La luce di Sol diviene, quindi, ancor più necessaria per rendere meno buio il difficile momento che la famiglia sta affrontando. Liturgie collettive e ritualità individuali: l’opera seconda della messicana Lila Avilés si muove tra il magico e l’esoterico, in uno stretto legame con la terra e con il ciclo eterno della vita e della morte.

Lunedì 5 agosto – ore 21.00
Japón (2002) di Carlos Reygadas

Camera d’or 2002 a Cannes, un’opera prima diretta da un regista messicano che ama il cinema di Andreij Tarkovskij. La storia di un uomo che abbandona Città del Messico per prepararsi a morire lontano dalla metropoli potrebbe essere risaputa considerando poi che vi compare un’anziana saggia che vive a contatto con la Natura. Ma non è così perché lo sguardo di Carlos Reygadas sa essere originale nonostante la fonte d’ispirazione dichiarata.

Lunedì 19 agosto – ore 21.00

La perla (1947) di Emilio Fernandez

Tratto da un romanzo di John Steinbeck e premiato a Venezia, impreziosito dalla fotografia in bianco e nero di Gabriel Figueroa, il film racconta la storia d’un pescatore che sogna di trovare un giorno la perla che consentirebbe a lui e alla sua famiglia d’uscire dalla miseria. Il sogno s’avvera, ma la notizia suscita la cupidigia dei compaesani dell’uomo. Fernandez ha una visione accesa, ora ieratica, ora melodrammatica, di una realtà che dev’essere trasfigurata a ogni costo, anche a dispetto di una solida coerenza.

Stills of Peace and Everyday Life
Una ricerca del senso del contemporaneo

Stills of Peace and Everyday Life è un progetto promosso dalla Fondazione Aria, fondato su una ipotesi sperimentale: realizzare “eventi” d’arte e cultura attraverso l’incontro, la comunicazione e la conoscenza di differenti tradizioni culturali nel Mondo. Tali eventi intendono iniziare a costruire una rete globale di connessioni e collaborazioni che attraverso la produzione di ulteriori eventi, porti ad una conoscenza e ad un rispetto delle Culture stesse, valorizzandone reciprocamente la Bellezza e la profondità.  Sociologia, Arte Contemporanea, Economia Sostenibile, Didattica sono le discipline che concorrono al dialogo e alla comprensione profonda dei comuni valori umanistici ed esistenziali che sono alla base di ciascuna specifica Cultura.

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