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STILLS OF PEACE

AND EVERYDAY LIFE  Ed.VII

Italia e giappone:
una ricerca del senso del contemporaneo

18 lugLIO – 6 settembre, 202o / ATRI

       

Stills of Peace and Everyday Life – Edizione VII

La rassegna è giunta alla sua settima edizione e nel 2020 apre le porte al Giappone, un paese misterioso e ricco di fascino, con una cultura millenaria di grande raffinatezza estetica ed intellettuale, dove la dimensione spirituale si intreccia costantemente nelle architetture, nell’immaginario, nel paesaggio, nelle tradizioni inconfondibili in cui esprime la sua storia.

Stills propone, come recita il suo sottotitolo, una “ricerca del senso del contemporaneo”, cerca di offrire delle occasioni per capire e per capirsi, per tentare di conoscere in profondità le culture attraverso le l’espressione artistica. Cerca di farlo proponendo alcuni esempi possibili tra le migliaia che le culture possono offrire, scegliendone alcuni in grado di far cogliere al pubblico la bellezza profonda delle storie, degli ambienti, delle narrazioni che appartengono all’Altro.

L’Arte Contemporanea propone quest’anno in diverse forme, un confronto diretto tra forme culturali dell’immaginario capaci di incontrarsi nella profondità dei temi dell’arte e dell’Umanità. Una importantissima mostra dedicata alle stampe giapponesi contemporanee, (una grande tradizione riletta nell’oggi) le video interviste e una straordinaria rassegna cinematografica permetteranno al pubblico di trovare, attraverso l’arte e la creatività, i modi per realizzare un dialogo profondo con ciò che riteniamo, spesso erroneamente, lontano da noi. Niente di più necessario forse, in questi tempi, che ci chiedono di sviluppare un approccio differente alle relazioni umane e costruire una nuova possibilità di futuro.

MOSTRE:

Cisterne di Palazzo Acquaviva – Atri

Lights/Spaces – Carlo Bernardini e Kaori Miyayama

A cura di Antonio Zimarino

Lights/Spaces è l’incontro tra due modi di rivelare e costruire lo spazio in cui abitiamo e ci muoviamo. Essi nascono da culture diverse ma da un’analoga sensibilità, con cui pensiamo e percepiamo l’esperienza dell’arte. Le installazioni ambientali, realizzate con fibre ottiche e superfici elettro-luminescenti creano uno spazio di luce architettonico mentale, incorporeo ma visibile, che cambia totalmente la funzione e la struttura dell’ambiente reale. I tessuti stampati e cuciti a mano, mossi leggeri dall’aria, mutano con la luce naturale e visualizzano una correlazione tra lo spettatore e il tempo, tra culture e tradizioni differenti, tra Oriente ed Occidente.
Che siano architetture e costellazioni di luce o eterei veli che rendono concreta la luce e la materia dei sogni, Lights/Spaces ci porta per strade diverse in un luogo dove il “guardare” permette di riandare a se stessi e di trovare spazi inattesi.

MUSEO ARCHEOLOGICO – Atri

Gei Sha – Yoko Yamamoto

A cura di Paolo Dell’Elce

Dai primi anni Ottanta Yoko Yamamoto ha esplorato con il suo sguardo femminile il mondo suggestivo delle Geisha che vivono nelle comunità di Tokio. Una ricerca iconografica complessa e ricca di dettagli, che svela un punto di vista profondo riguardo a una figura, la Geisha, che è stata erroneamente ritenuta nell’opinione comune del mondo occidentale al pari di una prostituta già nel periodo Edo (1603-1868), un equivoco alimentato proprio dalla restituzione che ne hanno dato i linguaggi artistici e gli stereotipi culturali occidentali.

La parola Geisha è composta da due kanji, Gei che in giapponese significa Arte, e Sha che significa Persona. La Geisha è una persona edificata nella dimensione estetica, educata alla rappresentazione e ai linguaggi come la danza, la musica, la recitazione e l’arte della conversazione. Lo stereotipo di ‘giocattolo sessuale’ nel quale sono rimaste imprigionate queste donne nell’immaginario occidentale è quanto di più lontano dalla loro reale natura. Yoko Yamamoto, attraverso il suo sapiente lavoro fotografico, contribuisce a sfatare questa iconografia deteriore e falsa, e riesce a evidenziare le peculiarità della persona estetica: quella dimensione profonda dell’individuo umano che l’avvicina alla bellezza e all’essenza ontologica del femminile.

Museo Archeologico – Atri

Stampe Giapponesi Contemporanee 1946 – 1993

A cura di Takizawa Kyoji – The Japan Foundation

La mostra presenta una panoramica esauriente sulle ricerche visive degli artisti giapponesi attivi dal Dopoguerra e del loro incontro con i modi e le forme della cultura artistica occidentale. Se consideriamo la storia secolare della “stampa” in Giappone, a partire dall’ukiyo-e della seconda metà del XVII secolo, questa mostra ci offre una visione profonda dell’immaginario nipponico, tra tradizione e contemporaneità, con rare immagini di artisti oggi popolari anche in Occidente.

Artisti presentati: Onchi Kôshirô, Hasegawa Kiyoshi, Munakata  Khikô, Murai Masanari, Hamaguchi Yôzô, Ei Kyû, Onosato Toshinobu, Hagiwara Hideo,  Seimiya Naobumi, Hamada Chimei, Sugai Kumi, Komai Tetsurô, Izumi Shigeru, Fukui Ryônosuke, Onogi Gaku, Fukazawa Yukio, Fukita Fumiaki, Yoshida Hodaka, Kusama Yayoi, Ai Ô, Yoshihara Hideo, Shima Kuniichi, Ikeda Masuo, Kanô Mitsuo, Arakawa Shûsaku, Ozaku Seishi, Kimura Kôsuke, Matsumoto Akira, Yokoo Tadanori, Lee Û Fan, Nakabayashi Tadayoshi, Kurosaki Akira, Funasaka Yoshisuke, Kiyotsuka Noriko, Noda Tetsuya, Yanagisawa Noriko, Isomi Teruo, Ida Shôichi, Morioka Kansuke, Hiwasaki Tadao, Morino Mayumi, Hara Takeshi, Kobayashi Keisei, Ikeda Ryôji, Kawachi Seikô, Karasawa Hitoshi, Tatsuno Toeko, Yamamoto Yôko, Yamaguchi Keisuke.

Palazzo Cardinal Cicada – Atri

Kensho – Paolo Dell’Elce

A cura di Mariano Cipollini

Kensho è una mostra che risale un percorso di conoscenza, estetico ed esistenziale, con momenti di vita diventati frammenti iconici, grazie al linguaggio artistico della fotografia. Un modo per ritrovare il tempo e le forme che hanno strutturato la ‘memoria sensibile’ dell’autore nell’opera, l’oggetto fotografico. La pratica dello sguardo e il suo affinamento creano corrispondenze misteriose, momenti di identificazione con l’oggetto, che permettono di accedere a stati di coscienza e conoscenza profondi. Un meccanismo per porsi davanti alle cose con semplicità, spogliati di ogni pregiudizio culturale, pronti a vedere e a capire. 

Il lavoro comincia guardando attraverso l’obiettivo di una reflex, verso la metà degli anni Settanta, in cui l’autore arriva a codificare un proprio linguaggio tra ottica e chimica fotografica, affascinato dalla possibilità di mettere a fuoco l’oggetto, farlo sorgere dall’indistinto della luce, dalla sua materia informe, metafora visiva del processo intuitivo della conoscenza.
Il ‘vedere’ come confronto tra realtà e memoria, la percezione del tempo, la peculiarità dello spazio, la forma come presenza, sono i temi che caratterizzeranno la ricerca espressiva di Paolo Dell’Elce. Attraverso quarantacinque stampe originali ai sali d’argento, si ripercorrono le fasi salienti di questi anni di lavoro. Si mette in evidenza la percezione del paesaggio come luogo dello spirito e della mente, ma anche la forza primigenia della Natura e della Bellezza come identità di un guardare umano, razionalizzante, ma misterioso, ineffabile, che può essere compreso senza essere spiegato.

CINEMA:

Cortile di Palazzo Acquaviva – Atri

Cine Japan – rassegna di cinema Giapponese

Proiezioni in lingua originale con sottotitoli in italiano
A cura di Pino Bruni

L’ESTATE DI KIKUJIRO (1999) di Takeshi Kitano
La storia del rapporto di amicizia che si instaura tra uno sfaticato yakuza di periferia e un ragazzino di nove anni, che lascia Tokyo e la nonna per andare, a piedi, dalla madre che non conosce e che abita in riva al mare. Se lo yakuza insegna al ragazzino che la realtà può avere anche dei risvolti di magia, il piccolo a sua volta insegna all’uomo rude, ma di buon animo, un po’ di gentilezza.
Una sublime commedia di strada densa di risvolti surreali, molto vicina alla lezione zen ma adatta benissimo anche a qualsiasi spettatore occidentale: uno dei film più compiuti e fertili di Kitano.

BULLET BALLET (1998) di Shinya Tsukamoto
Da parte di uno dei più trasgressivi registi nipponici contemporanei che, quando vuole, come in questo caso, abbassa i toni, un film sulla solitudine urbana e sulla malavita delle periferie degradate, una ricognizione sulla metropoli, fatta con precisione sociologica (a tratti ha l’aspetto di una sorta di perverso balletto, da qui il titolo che significa balletto di pallottole), e con un’energia traboccante, non senza una certa ironia di fondo, che lascia spazio a un finale di grande suggestione in merito al rapporto tra i sessi.

DEPARTURES (2008) di Yojiro Takita
Film premiato con l’Oscar quale miglior film straniero, ha come protagonista un violoncellista che lascia Tokyo dopo lo scioglimento dell’orchestra in cui suonava e torna nel suo paese natale, dove, in cerca di lavoro, per un errore di ortografia, si ritrova assunto da un “preparatore di cadaveri”, anziché in un’agenzia di viaggio. Dopo i primi problemi, l’uomo impara il fascino e l’importanza di questa vecchia arte giapponese, ma la moglie, che non sopporta che il marito tocchi cadaveri durante il lavoro, lo mette davanti ad un aut aut: o cambia lavoro o lei se ne andrà di casa.

IL CREPUSCOLO DEL SAMURAI (2002) di Yoji Yamada
Da parte di Yoji Yamada, uno dei decani del cinema giapponese, un anomalo jidaigeki (film sugli spadaccini), con protagonista un samurai vedovo, schivo e vestito di stracci, che accetta gli incarichi più umilianti celando le sue abilità con la spada. Nel momento in cui si accorge che anche per lui c’è la possibilità di ricominciare, viene incaricato di una pericolosa missione: uccidere un ribelle. Un magnifico ritratto di samurai disilluso e malinconico del XIX secolo, che contesta l’etica feudale e dell’onore rifuggendo quanto più possibile dalla violenza.

UN AFFARE DI FAMIGLIA (2018) di Hirokazu Kore’eda
Film premiato con la Palma d’Oro a Cannes, da parte di uno dei registi di punta del cinema giapponese contemporaneo, costituisce uno sguardo su una famiglia povera che si arrangia come può, a capo della quale c’è un padre costretto ad arrotondare il magro stipendio da operaio con furti di vario tipo. Un giorno, l’uomo trova una bambina e decide di portarla a casa con sé, nonostante le condizioni economiche della famiglia non consentano di sfamare un’atra bocca. Dopo un’iniziale diffidenza della moglie, tuttavia, la piccola viene adottata a tutti gli effetti come una figlia.

SI ALZA IL VENTO (2013) di Hayao Miyazaki
Un film di grande spessore umano e, al solito, molto pregevole tecnicamente, un’opera che può essere definita la summa finale del suo cinema e della sua poetica. Miyazaki, congedandosi dalla regia, riconferma i suoi temi prediletti come la passione per il volo, ma soprattutto l’onirismo come chiave di comprensione del mondo reale, la condanna dell’autodistruttività umana, la colpevolezza per aver sacrificato gli affetti al lavoro, ma anche la coesistenza tra una visione pessimistica del presente e la fede incrollabile sul fatto che il futuro sarà migliore.

Tutte le Edizioni:

Stills of Peace
Edizione VIII
Italia e Corea del Sud

Stills of Peace
Edizione VII
Italia e Giappone

Stills of Peace
Edizione VI
Italia e Iran

Stills of Peace
Edizione V
Italia e Marocco

Stills of Peace
Edizione IV
Italia e Cina

Stills of Peace
Edizione III
Italia e Francia

Stills of Peace
Edizione II
Italia e Spagna

Stills of Peace
Edizione I
Italia e Pakistan