STILLS OF PEACE
AND EVERYDAY LIFE Ed.XI
Italia e Messico: Global Humanity
6 luglio – 8 settembre 2024 / ATRI (TE) – PESCARA
CORTILE DI PALAZZO ACQUAVIVA – ATRI
CINEMÉXICO – RASSEGNA DI CINEMA MESSICANO
in lingua originale con sottotitoli.
A cura di Pino Bruni
8, 15, 22 luglio / 5, 19 agosto 2024 – ore 21.00
Il Messico è ancora oggi un Paese attraversato da profonde contraddizioni. Un gigante dai piedi d’argilla in cui sussistono condizioni di benessere diffuso contigue a uno stato di indigenza pertinace. Queste contraddizioni ci rimandano alla stretta vicinanza del Messico con gli Stati Uniti, una vicinanza che genera delle forti implicazioni di ordine culturale, economico e psicologico. Il Messico è e rimane un Paese di frontiera entro il quale si può restare per costruirsi un proprio assetto culturale, un proprio posto peculiare, oppure guardare ad un altrove che rimane soprattutto un Paese come gli Stati Uniti d’America. Visto che l’epopea americana, soprattutto quella del cinema western, ha raffigurato il Messico come altrove, una terra di frontiera, questa ha le fattezze geopolitiche degli Stati Uniti, un Paese grande ed ingombrante che per i messicani può essere centro d’attrazione permanente o bersaglio deputato di rivendicazioni giustizialiste, sorgente di opportunità lavorative ma al contempo spesso modello per un pericoloso spirito di emulazione, malgrado la presenza di gringos da detestare. Il Messico quindi vive la consapevolezza di essere un grande Paese ma con la sensazione sempre invasiva di dovere vivere di luce riflessa. E ciò non può non riflettersi nel cinema messicano di questi anni. Violenza urbana, diseguaglianze profonde, dominio capillare e indiscriminato delle bande criminali, forbice tra i ricchi che detengono il potere e il popolo che subisce. La coeva cinematografia messicana non si presenta come corpo omogeneo per stile e argomenti trattati, ma c’è un elemento comune che la attraversa, ossia la presenza di esseri umani più emarginati e arrabbiati che in passato, cresciuti all’ombra di un mondo ormai globalizzato. Come registi, a svettare sono soprattutto Alejandro González Iñárritu e Alfonso Cuarón. I loro due film messicani, “Amores perros” (2000) e “Roma” (2018), sono opere che sembrano anche camminare a braccetto per come viene rappresentata la capitale e per come i loro personaggi sanno assorbire, affrontandole, tutte le contraddizioni che l’attraversano. Insieme a Guillermo Del Toro (dedito anche al fantastico), Iñárritu e Cuarón sono autori che rappresentano anche la dimostrazione pratica del fatto che la vicinanza con il colosso statunitense li abbia portati quasi naturalmente ad ibridare la singolarità delle rispettive poetiche con le dinamiche più propriamente commerciali richieste dall’industria hollywoodiana. Ma il cinema messicano del nuovo millennio, che si muove fin dagli anni Sessanta, è anche soprattutto quello di Carlos Reygadas, tra gli autori più incisivi in merito alla grammatica cinematografica carica di simbolismi e spesso ardua come nel caso di “Japòn” (2002). Tra le nuove leve spicca quella di Lila Avilés che, specie con “Tòtem – Il mio sole (2023), si incunea come fautrice di un cinema che si muove tra magico ed esoterico. In definitiva il cinema messicano di questi rappresentativi autori si è sottratto all’ombra ingombrante del vicino colosso statunitense, ritrovando i fasti delle cosiddette età d’oro degli anni Trenta, Quaranta e Cinquanta di cui fa parte il classico “La perla” (1947) di Emilio Fernández, forte della fotografia in b/n di Gabriel Figueroa.
Lunedì 8 luglio – ore 21.00
Amores perros (2000) di Alejandro González Iñárritu
Il capolavoro che ha fatto conoscere Iñárritu al grande pubblico è il primo capitolo della trilogia della morte, continuata con 21 grammi e Babel. Tre storie si incrociano sullo sfondo di una convulsa Città del Messico. Il giovane proletario Octavio, innamorato di Susana, la moglie adolescente del fratello criminale violento, si mette in testa di fuggire con lei e prova a racimolare i soldi necessari introducendo il suo cane in un giro di combattimenti clandestini: ma questo è solo l’inizio. Quello del cineasta messicano è un esordio duro, violento, disincantato, rabbioso, amaro, disperato. Aggettivi che per il regista costituiscono i tasselli del puzzle di una megalopoli, Città del Messico, che ha tante contraddizioni quanti sono i suoi oltre venti milioni di abitanti.
Lunedì 15 luglio – ore 21.00
Roma (2018) di Alfonso Cuarón
Già dalla trama, Roma (vincitore del Leone d’Oro a Venezia) è piuttosto insolito. C’è una storia – intesa come un susseguirsi di eventi, anche se per ampi tratti non succede granché – ma “vedere come finisce” non è la cosa più importante. Il film parla di una famiglia messicana degli anni Settanta che vive a Colonia Roma, un quartiere di Città del Messico, e lo fa attraverso il punto di vista di Cleo, la domestica e tata della famiglia. Cuarón ne ha parlato come di un film semi-autobiografico, composto perlopiù da scene che si ricorda dalla sua infanzia. Roma è un film personale ma pieno di riferimenti e collegamenti a questioni sociali sul Messico di quegli anni. Vari critici hanno di volta in volta evidenziato diversi temi del film: se ne è parlato come di una “ode al matriarcato” ma anche come di un “vivido ritratto dei conflitti interni e della gerarchia sociale al tempo dei disordini politici”.
Lunedì 22 luglio – ore 21.00
Il labirinto del fauno (2006) di Guillermo Del Toro
Nella Spagna franchista la giovane Ofelia avrà la possibilità di inseguire il mondo fiabesco da lei tanto sognato. Incontrerà un fauno e delle fate, ma quanto di quello che vedrà sarà reale? Dall’estro del regista messicano Del Toro non poteva che nascere un lavoro così bello, così affascinante, ma al tempo stesso tanto brutale. Senza i mezzi delle mega produzioni statunitensi (cui il regista approda a volte) ma con un’accuratezza e sensibilità che spesso a quelle dimensioni produttive finiscono con lo sfuggire, Del Toro ci parla di soprusi e di innocenza, di ricerca di un mondo ‘altro’ in cui trovare la pace senza però rinunciare alla propria integrità di essere umano in formazione.
Lunedì 29 luglio – ore 21.00
Totem – Il mio sole (2023) di Lila Avilés
ll sole illumina la terra, lo sappiamo bene. La sua luce e il suo calore sono generatori di vita. E proprio come il nome che porta, anche Sol, una bambina di sette anni, porta luce e calore a chiunque la incontra, primi fra tutti i suoi famigliari. È ignara, tuttavia, che il padre sta affrontando il terribile calvario di un cancro che lo debilita sempre più, con tutte le conseguenze che questo porta alla grande famiglia che abita nella casa padronale e che si sta preparando proprio alla festa di compleanno dell’uomo. La luce di Sol diviene, quindi, ancor più necessaria per rendere meno buio il difficile momento che la famiglia sta affrontando. Liturgie collettive e ritualità individuali: l’opera seconda della messicana Lila Avilés si muove tra il magico e l’esoterico, in uno stretto legame con la terra e con il ciclo eterno della vita e della morte.
Lunedì 5 agosto – ore 21.00
Japón (2002) di Carlos Reygadas
Camera d’or 2002 a Cannes, un’opera prima diretta da un regista messicano che ama il cinema di Andreij Tarkovskij. La storia di un uomo che abbandona Città del Messico per prepararsi a morire lontano dalla metropoli potrebbe essere risaputa considerando poi che vi compare un’anziana saggia che vive a contatto con la Natura. Ma non è così perché lo sguardo di Carlos Reygadas sa essere originale nonostante la fonte d’ispirazione dichiarata.
Lunedì 19 agosto – ore 21.00
La perla (1947) di Emilio Fernandez
Tratto da un romanzo di John Steinbeck e premiato a Venezia, impreziosito dalla fotografia in bianco e nero di Gabriel Figueroa, il film racconta la storia d’un pescatore che sogna di trovare un giorno la perla che consentirebbe a lui e alla sua famiglia d’uscire dalla miseria. Il sogno s’avvera, ma la notizia suscita la cupidigia dei compaesani dell’uomo. Fernandez ha una visione accesa, ora ieratica, ora melodrammatica, di una realtà che dev’essere trasfigurata a ogni costo, anche a dispetto di una solida coerenza.