STILLS OF PEACE
AND EVERYDAY LIFE Ed.X
Italia / Pakistan / Spagna / Francia / Cina / Marocco / IRAN / Giappone / Corea del Sud / Armenia
8 lugLIO – 10 settembre 2023 / ATRI (TE) – PESCARA
Stills of Peace and Everyday Life – Edizione X
PROGRAMMA (IN AGGIORNAMENTO):
MA.CO. / Maratona del Contemporaneo
8 luglio ore 18.00 / Atri
Cortile di Palazzo Acquaviva: Inaugurazione Rassegna Stills of Peace diretta da Giovanna Dello Iacono
Visita alle mostre S.o.P. – Cisterne di Palazzo Acquaviva e Museo Archeologico
9 luglio Ore 18.00 / Pescara
Fondazione La Rocca | Volume per l’Arte: Inaugurazione mostre Stills of Peace
10 luglio ore 21.00 / Atri
Cortile di Palazzo Acquaviva: Presentazione Cine Italia e proiezione
‘Roma città aperta’ (1945) di Roberto Rossellini
9 – 10 settembre
Finissage Mostre Stills of Peace
9 settembre ore 18.00 / Pescara
Fondazione La Rocca | Volume per l’Arte: Evento conclusivo Rassegna Stills of Peace
10 settembre ore 18.00 / Atri
Teatro Comunale: Proiezione cortometraggio di Dino Viani
MOSTRE:
8 LUGLIO – 10 settembre 2023
ATRI – 10.00 – 12.00 / 16.30 – 19.30 / 21.00 – 23.00 / Chiuso lunedì mattina
PESCARA – 10.00 – 12.00 / 18.00 – 22.00 / Chiuso domenica e lunedì
Cisterne di Palazzo Acquaviva – Atri
Chiunque tu sia
Navid Azimi Sajadi, Jean Gaudaire-Thor, Massimo Ruiu, Barbara Uccelli, Wang Youngxu
A cura di Mariano Cipollini
Sei artisti, cinque nazioni. Culture differenti per storia, geografie politico-sociali, poetiche narrative. Oggi sono qui, accomunati da un’unica volontà: testimoniare con le loro opere che le diversità culturali rappresentano un valore irrinunciabile, la cui comprensione rinsalda gli aspetti più nobili e rappresentativi dell’uomo in divenire. È possibile, attraverso la potenza dei linguaggi artistici identitari presentati, tentare di modificare le diverse anime di una società volutamente disorientata, sempre più lontana da un’ecumenica condivisione dei beni e valori a nostra disposizione.
Sia si parli della tangibilità degli spazi fisici e relative risorse, patrimonio comune necessariamente ripartibile, per questo non più accumulabile da una minoranza, sia si parli dell’intangibilità del libero pensare, promotore di culture diversificate e del loro libero fluire.
Supportati da una scrupolosa ricerca interiore e onestà intellettuale, i percorsi creativi di ciascuno potrebbero dare il via a riflessioni assimilabili e condivisibili, necessari a riavviare modalità relazionali-culturali indipendenti dai potentati economici. Gli effetti rinsalderebbero le frontiere della tolleranza e del sapere.
Frontiere modificate nella sostanza da una globalizzazione escludente dove le collettività hanno valore sostanzialmente numerico, necessariamente monetizzabile.
Nessun requisito particolare è richiesto. Chiunque noi siamo, con qualunque bagaglio conoscitivo a nostra disposizione, possiamo, volendo, aprirci con loro, dare e prendere quello di cui abbiamo bisogno. Riaprirci a una coralità socializzante, in cui il gesto creativo diventa chiave di volta per un linguaggio inclusivo, nel tentativo d’invertire la palese tendenza al ribasso.
Cisterne di Palazzo Acquaviva – Atri
Purity
Mohammad Alì Famori, Jukhee Kwon, Ignacio Llamas, Kaori Miyayama, Gino Sabatini Odoardi
A cura di Antonio Zimarino
Purificare lo sguardo, purificare la forma per arrivare ad essenze visuali da contemplare piuttosto che da intellettualizzare. Il tentativo di dare giudizi in base a logiche razionalistiche, nasce cercando distinzioni e opposizioni che rischiano di generare schemi interpretativi banalmente divisivi se nel processo dell’analisi si perde il senso unitario delle cose che è proprio dell’opera davanti ai nostri occhi.
La contrapposizione, se non nasce per comprendere ciò che si vede, rischia di generare divisione e conflittualità di idee, posizioni e termini, mentre uno sguardo puro è attratto dalla forma pura, dall’essenzialità, dalla circolarità, dalla riflessione, dai rimandi aperti a cerchi concentrici, da concetti che non si impongono ma si ‘rivelano’.
Guardare per comprendere è kríno, verbo greco dalle tante accezioni la cui principale è ‘separare, distinguere e ordinare’ ovvero, guardare in modo diverso rispetto al giudizio, come noi dualisticamente siamo abituati ad intendere. Comprendere contemplando significa abituarsi a costruire legami, interrogarsi su di essi, sviluppare armonicamente e progressivamente la comprensione dell’alterità. È l’autentico sguardo non-violento, poiché non oppositivo ma comprensivo. Gli artisti scelti vivono questa purezza e ci abituano a percepirla senza negare nemmeno le tensioni che inevitabilmente abitano il desiderio di coglierla.
Museo archeologico – Atri
Survivors
Nazik Armenakyan
A cura di Paolo Dell’Elce
Survivors è un ambizioso lavoro fotografico sulle vittime sopravvissute al genocidio armeno. Il progetto mostra l’importanza della fotografia ai fini di una comprensione degli eventi del 1915 e il suo impatto sulle identità individuali. In dieci anni, a cominciare dal 2005, Nazik Armenakyan ha pazientemente edificato un archivio della memoria fatto di volti, luoghi e testimonianze cercando di restituire quella dignità esistenziale a lungo cancellata e dare una voce alle vittime. Alla fine, la fotografa è riuscita a registrare i volti e le testimonianze di quarantacinque sopravvissuti che vivevano ancora in Armenia. Il censimento, la ricerca fisica, da parte di Nazik Armenakyan, di ogni singolo individuo “sopravvissuto”, ha comportato negli anni un grande impegno morale e professionale e, da un punto di vista culturale e affettivo, quest’opera è oggi un dono immenso che la fotografa ha fatto alla sua gente. Il progetto Survivors è un’occasione di recupero della funzione identitaria della memoria storica, che può quindi rafforzarsi e agire liberamente nelle coscienze di ogni armeno, ma è anche e soprattutto un nobile gesto di civiltà e compassione che tenta di ricucire attraverso la testimonianza, l’offerta del ‘corpo risorto’, fotografato ed esposto, del “sopravvissuto”, il passato strappato (ancora oggi negato dall’attuale governo turco) con il presente sempre più immemore e indifferente.
Museo Archeologico – Atri
Polvere di stelle / Stardust
T-yong Chung, Sabine Delafon, Anna Galtarossa, Randa Maroufi, Aryan Ozmaei, Banafsheh Rahmani, Uzma Sultan
A cura di Eva Comuzzi
La mostra Polvere di Stelle nasce in una stanza d’ospedale. In un’attesa vissuta al contempo come perdita ma anche come rinascita. Rinascita che avviene altrove, in un luogo sconosciuto. Forse, come credevano i popoli antichi e i nativi americani, fra le stelle, il cui materiale è presente anche in noi. Le tematiche affrontate dagli artisti selezionati riguarderanno pertanto la nascita e la morte, l’origine dell’umanità e la sua autodistruzione, il concetto di maschera e trasformazione, il rapporto perduto con la Natura e la bellezza. La fatica di brillare. Attraverso pittura, video, sculture e installazioni, la mostra metterà in luce il concetto della metamorfosi e della maschera fra Eros e Thanatos, del rudere, ma anche del totem. Della rinascita del sé, attraverso un altro sesso e identità.
Fondazione La Rocca | Volume per l’Arte – Pescara
La vita è un’altra cosa
Carla Accardi, Mirella Bentivoglio, Joseph Beuys, Daniel Buren, Gea Casolaro, Maurizio Cattelan, Giuseppe Chiari, Daniela Comani, Claire Fontaine, Ketty La Rocca, Lucia Marcucci, ELISA Montessori, YOko Ono, Cesare Pietroiusti, Lamberto Pignotti, Vettor Pisani, Cloti Ricciardi, Luca Vitone
Una selezione dalla collezione di Gianni e Giuseppe Garrera
A cura di Simone Ciglia
La mostra La vita è un’altra cosa presenta un nucleo di ricerca speciale all’interno della collezione di Gianni e Giuseppe Garrera: quando l’arte diviene lotta poetica, bisogno di libertà, disubbidienza, intervento sociale e partecipazione. In esposizione è presentata una serie variegata di materiali – manifesti, volantini, fotografie, cartoline, libri, dischi – realizzati da artisti italiani od operanti in Italia dalla fine degli anni Sessanta del Novecento al presente. Si tratta di forme spesso extra-estetiche, veloci, fragili, leggere, capaci di sfuggire alle maglie delle reti del controllo e che permettono agli artisti di agire in maniera più coraggiosa e più profonda nell’ambito della coscienza collettiva e della presa d’atto dei problemi del mondo. Operazioni per lo più concepite come dono e fuori dagli standard commerciali, indifferenti all’economia e alle ragioni della contabilità.
La mostra si concentra in particolare sul decennio degli anni Settanta inteso come momento generativo di cambiamento, portatore di istanze rivoluzionarie come il femminismo e l’ecologismo, e sulla sua eredità nell’arte degli ultimi vent’anni. Queste tensioni ideali si esprimono nella sperimentazione di diverse strategie operative nello spazio pubblico, come azioni di volantinaggio, affissione di manifesti, pubblicazioni di libri, infiltrazione all’interno di circuiti commerciali: “Esempi d’arte speciali, atti poetici, spesso ai margini, fuori dalla rete rassicurante e protettiva di musei, esposizioni, gallerie, e condotti in mezzo agli uomini e alle cose, per sollecitare l’attenzione, per dire la propria ostinazione a dire, per acuire un ascolto, per segnalare qualsiasi forma di potere e qualsiasi sopruso del potere, o anche solo per sentirsi liberi. Dunque tracce, segni e segnali di libertà, dove l’arte si fa capace di disfare certezze e convenzioni, segnalando realtà di disagio e di disattenzione.” (Gianni e Giuseppe Garrera)
CINEMA:
Cortile di Palazzo Acquaviva – Atri
Cine Italia – rassegna di cinema italiano
Dal neorealismo agli anni ’70
A cura di Pino Bruni e Dino Viani
10, 17, 24 luglio / 7, 21, 28 agosto 2023 – ore 21.00
Il Neorealismo nasce dalle ceneri della seconda guerra mondiale.
È “l’urlo” orgoglioso di un paese martoriato dal conflitto bellico, che aveva perso il suo prestigio, la sua identità e voleva dire al mondo: “noi ci siamo, vogliamo ripartire, abbiamo perso tutto ma non la voglia di sognare”.
L’Italia in quegli anni era un cantiere a cielo aperto e tutto quello che s’immaginava di fare poteva prendere forma.
Il Neorealismo incarna questo momento e trova nel cinema il suo linguaggio privilegiato.
Se a Hollywood l’industria cinematografica s’imponeva al mondo con lo Star System e i dollari, quello di casa nostra basava la sua azione su pochi spiccioli, sul genio e sulla capacità di trasformare le cose spostando l’obbiettivo sulla strada, mettendo in scena la vita reale fuori dagli studi, che tral’altro erano stati distrutti dai bombardamenti.
“Roma città aperta” di Roberto Rossellini, miglior film Festival di Cannes 1946, è il film che più di tutti rappresenta quella sintesi storico culturale.
Un cinema etico prima che estetico, che affonda le sue radici nella realtà storico sociale del tempo.
Grazie a questo movimento l’Italia vive un nuovo “Rinascimento” culturale, invidiato e studiato ancora oggi in tutto il mondo.
Una storia che ha influenzato tanti autori, come pure nuove tendenze e correnti culturali; la “Nouvelle Vague” francese, per esempio, non sarebbe mai nata senza il Neorealismo Italiano.
La rassegna che si propone vuole rendere omaggio a quel momento storico e a quegli autori che con i loro film hanno ridato prestigio e onore all’Italia nel mondo. Soprattutto perché in un momento di deriva culturale e morale come quello che stiamo vivendo, l’esplosione di conflitti e violenze, potrebbe aiutarci a trovare la luce in fondo al tunnel.
Lunedì 10 luglio – ore 21.00
Roma città aperta (1945) di Roberto Rossellini
Immortale capolavoro del cinema italiano, giustamente ritenuto l’opera simbolo del Neorealismo. Rossellini gira un film sulla quotidianità nella Roma occupata, prediligendo un registro asciutto e austero (e quindi morale). Un vero e proprio “pedinamento del reale” (alla maniera di Cesare Zavattini), infatti, prende corpo davanti agli occhi dello spettatore grazie al gusto personale del regista romano per le piccole cose e per i fatti insignificanti, in una sobrietà che non significa mai pretesa di obiettività, quanto piuttosto grande amore per gli esseri umani e la loro vita.
Lunedì 17 luglio – ore 21.00
Le notti di Cabiria (1957) di Federico Fellini
Una piccola prostituta delle borgate romane, Cabiria (Giulietta Masina), viene derubata da un cliente. È l’inizio di una serie di peregrinazioni, tra ville di divi ed eventi sacri. La sua purezza nel donarsi agli altri la rende un personaggio generoso e vulcanico ma anche molto vulnerabile, esposta agli sgambetti più disparati da parte del mondo esterno. L’atmosfera, mistica e poetica, si attacca addosso alle singole scene e agli abitanti dell’universo felliniano come un marchio che nessuna cicatrice potrà mai oscurare.
Lunedì 24 luglio – ore 21.00
L’avventura (1960) di Michelangelo Antonioni
Durante una gita in barca a Lisca Bianca nelle Eolie, Anna (Lea Massari), inquieta ragazza di famiglia borghese, scompare nel nulla. La cercano invano sull’isola e nell’entroterra siciliano il fidanzato Sandro (Gabriele Ferzetti) e l’amica Claudia (Monica Vitti). Capitolo iniziale della cosiddetta “trilogia dell’incomunicabilità”, segna il primo grande punto di svolta nella carriera di Michelangelo Antonioni. Lo sperimentalismo linguistico verso cui cominciava a tendere il cinema del maestro romagnolo sul finire degli anni ’50 con questo film raggiunge un nuovo vertice.
Lunedì 7 agosto – ore 21.00
Accattone (1961) di Pier Paolo Pasolini
Vittorio (Franco Citti) detto “Accattone” è il protettore di una prostituta che lo mantiene: quest’ultima, sottratta a un “collega” finito in carcere, verrà arrestata lasciando Accattone ancor più povero di quello che era. In seguito l’uomo incontra una nuova ragazza, Stella, che proverà a mettere sulla strada.
L’esordio (modernissimo) di Pier Paolo Pasolini dietro la macchina da presa è un tentativo (riuscito) di raccontare sul grande schermo quei “ragazzi di vita” che davano il titolo a uno dei suoi romanzi più famosi. Calcolatamente tragico nell’andamento narrativo ed emotivamente coinvolgente per lo stile utilizzato, Accattone è il duro ritratto di una certa parte di sottoproletariato romano costretta a vivere alla giornata e con pochi mezzi a disposizione.
Lunedì 21 agosto – ore 21.00
I pugni in tasca (1966) di Marco Bellocchio
Una madre cieca (Liliana Gerace), emblema decaduto di una famiglia borghese della provincia piacentina, assiste al progressivo deterioramento psicologico dei quattro figli, ognuno dei quali vessillo di un disagio morboso, autodistruttivo e malato. A destare particolare preoccupazione è l’epilettico Alessandro (Lou Castel), le cui tendenze psicotiche minacciano i labili equilibri famigliari. Poeticamente sgarbata, coriacea e scarnificante, l’opera prima di Marco Bellocchio è un grande esempio di un cinema civile, morale e politico che non si permette indulgenze o languori.
Lunedì 28 agosto – ore 21.00
Il conformista (1970) di Bernardo Bertolucci
1938: Marcello Clerici (Jean-Louis Trintignant) si offre volontario per una missione per conto dell’Ovra (la polizia politica fascista) e, accompagnato dalla moglie Giulia (Stefania Sandrelli), si reca in viaggio di nozze a Parigi per uccidere Luca Quadri (Enzo Tarascio), suo ex professore all’università e ora antifascista in esilio. Ma l’incontro con la moglie del professore, la seducente Anna (Dominique Sanda), fa vacillare la determinazione di Marcello. Adattamento molto libero dell’omonimo romanzo di Alberto Moravia attraverso cui Bertolucci opera una feroce critica alla borghesia italiana e alla sua ignavia.
A cura di:
Con l’Alto Patrocinio della Regione Abruzzo e di:
Sponsored by: